Lavori in quota: definizione, normativa di riferimento e formazione

ATS Bergamo fornisce risposte a dubbi e problematiche in riferimento alla prevenzione del rischio di caduta dall’alto nei vari contesti lavorativi. Scopri le ultime FAQ.

I lavori in quota costituiscono una delle attività lavorative a maggior rischio di infortunio ed è necessario prestare molta attenzione a ogni dettaglio nello svolgimento delle mansioni in modo da evitare infortuni anche gravi.

ATS Bergamo con il contributo degli ordini professionali, fornisce risposte a dubbi e problematiche ricorrenti sul delicato tema della prevenzione del rischio di caduta dall’alto nei vari contesti lavorativi, attraverso la definizione di linee di indirizzo e soluzioni procedurali, rivolte in particolar modo a imprese e committenti, con l’auspicio di orientare le scelte al miglioramento continuo della sicurezza nei lavori in quota.  

La sezione raccoglie al momento N. 17 FAQ nella versione aggiornata a settembre 2023.

    1. Cosa si intende per lavoro in quota?
    2. L’esecuzione di lavori al di sotto dei due metri implica comunque una valutazione del rischio di caduta dall’alto e l’eventuale adozione di misure di prevenzione e protezione?
    3. La normativa sui lavori in quota si applica solo ai cantieri?
    4. Il lavoro in quota si può svolgere in solitaria?
    5. Quali sono ruolo e obblighi di chi commissiona un intervento che comporti l’esecuzione di un lavoro in quota?
    6. Qual è il numero minimo di lavoratori necessario per le attività di montaggio, trasformazione e smontaggio di un ponteggio?
    7. Un lavoratore autonomo può far parte della squadra addetta alle attività di montaggio, trasformazione e smontaggio di un ponteggio?
    8. Qual è la documentazione necessaria nell’impiego di un ponteggio?
    9. Anche nel caso di impiego di un trabattello è necessario il Pi.M.U.S.?
    10. Quale tipologia di formazione/addestramento è necessaria per chi utilizza una piattaforma di lavoro mobile elevabile (PLE)?
    11. È possibile l’utilizzo di una scala portatile per l’esecuzione di un lavoro in quota? Se sì, a quale condizioni?
    12. Una scala portatile è soggetta a marcatura CE?
    13. In quali casi possono essere adottate le reti anticaduta come sistema di protezione contro il rischio di caduta dall’alto?
    14. Una rete di sicurezza è soggetta a marcatura CE?
    15. Quante tipologie di reti di sicurezza esistono?
    16. Posso utilizzare un’attrezzature costruita esclusivamente per il sollevamento di materiali/cose per portare in quota un lavoratore?
    17. Quali sono gli adempimenti specifici in caso di noleggio/concessione in uso di opere provvisionali?

    Di seguito i contenuti principali delle risposte alle FAQ.

     

    1. Cosa si intende per lavoro in quota?

    L’attuale normativa italiana in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro definisce il lavoro in quota come quell’attività lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 metri rispetto a un piano stabile (piano di calpestio). Condizione da cui discende l’obbligo di adozione di adeguate misure di prevenzione e protezione.

    2. L’esecuzione di lavori al di sotto dei due metri implica comunque una valutazione del rischio di caduta dall’alto e l’eventuale adozione di misure di prevenzione e protezione?

    Sì. Anche l’esecuzione di lavori al di sotto dei due metri espone al rischio di caduta, pertanto è necessario agire, valutando le condizioni in cui ci si trova ad operare, individuando le opportune misure organizzative e procedurali, nonché le misure tecniche per prevenire una caduta.

    Il D.Lgs. 81/08 richiama, infatti, in più parti dell’articolato la necessità di adottare misure atte a proteggere
    dal rischio di caduta le aperture, i posti di lavoro o di passaggio sopraelevati anche al di sotto dei 2 metri.
    Pensiamo ad esempio all’allegato IV concernente i requisiti dei luoghi di lavoro, che al punto 1.7.3. prevede che le impalcature, le passerelle, i ripiani, le rampe di accesso, i balconi ed i posti di lavoro o di passaggio sopraelevati devono essere provvisti, su tutti i lati aperti, di parapetti normali con arresto al piede o di difesa equivalenti. E ancora, l’art. 146 concernente la difesa delle aperture nell’ambito dei cantieri temporanei o mobili che al comma 3 prevede, in particolare, che le aperture nei muri prospicienti il vuoto o vani che abbiano una profondità superiore a m 0,50 siano munite di normale parapetto e tavole fermapiede oppure essere convenientemente sbarrate in modo da impedire la caduta di persone.
    Tutto ciò a dimostrazione che il rischio di caduta, ove presente, va sempre valutato.

    3. La normativa sui lavori in quota si applica solo ai cantieri?

    No. Come previsto dall’art. 105 del D.Lgs. 81/08, la normativa si applica a tutte le attività lavorative che, da chiunque esercitate e alle quali siano addetti lavoratori subordinati o autonomi, prevedano un lavoro in quota.
    Pensiamo ad esempio alle attività di manutenzione del verde o di installazioni impiantistiche, come nel caso della posa di impianti radiotelevisivi in quota, per la cui esecuzione, pur non configurandosi come lavoro “edile” si dovrà prevedere l’adozione di misure atte a garantire e mantenere condizioni di lavoro sicure, in conformità a quanto previsto dalla normativa.

    4. Il lavoro in quota si può svolgere in solitaria?

    Per lavoro in solitaria si intende un’attività svolta da un lavoratore in completa autonomia, non soggetto a sovrintendenza di un preposto e isolato da altri lavoratori.
    Il lavoro in solitaria non è ammissibile nei casi in cui per espressa previsione normativa sia prevista la
    compresenza di più addetti per l’esecuzione della specifica attività, ad esempio nel caso di lavori in spazi
    confinati.
    Nell’ambito dei lavori in quota il lavoro in solitaria non è ammissibile nelle fasi di montaggio, trasformazione e smontaggio delle opere provvisionali, in quanto la normativa prevede espressamente che la loro esecuzione sia effettuata sotto la diretta sorveglianza di un preposto ai lavori, comprendendo generalmente una squadra composta da almeno tre lavoratori.
    Il lavoro in solitaria non è consentito anche nel caso si svolgano lavori con rischio di caduta dall’alto che
    prevedano l’utilizzo dei DPI anticaduta. Bisogna sempre considerare che in caso di infortunio o di malore è necessario agire in modo rapido anche al fine di evitare un aggravamento delle condizioni di salute del
    lavoratore.
    Anche durante l’utilizzo di attrezzature per lavori in quota come nel caso delle Piattaforme di Lavoro mobili Elevabili (PLE) è necessaria la presenza di un secondo operatore a terra addestrato a intervenire in caso di emergenza per il recupero dell’occupante della piattaforma di lavoro.

    5. Quali sono ruolo e obblighi di chi commissiona un intervento che comporti l’esecuzione di un lavoro in quota?

    In tema di obblighi in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro la figura del
    committente è più volte richiamata e su di esso gravano molteplici obblighi. Per l’individuazione di tale figura ci si deve riferire alla definizione presente nella normativa. L’art. 89 co. 1. lett. b) del D.Lgs. 81/08 fornisce una definizione puntuale di committente, ovvero il soggetto (persona fisica) per conto del quale l’intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione. Tale definizione, seppur inserita nell’articolato normativo relativo ai cantieri temporanei o mobili, può essere estesa a tutte le casistiche di appalto o contratto d’opera.
    Il D.Lgs. 81/08 distingue sostanzialmente due tipologie di committente: il committente “datore di lavoro” e il committente “non datore di lavoro”.

        • Committente datore di lavoro (lavori non “edili”)
          Può essere definito come il soggetto che, avendone la facoltà, affida “lavori, servizi e forniture” a un operatore economico (impresa o lavoratore autonomo) all’interno della propria azienda o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell’ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda medesima. Gli obblighi normativi in capo al committente datore di lavoro che affidi un intervento che comporti l’esecuzione di un lavoro in quota sono principalmente: la verifica dell’idoneità tecnico-professionale delle imprese e lavoratori autonomi cui intende affidare i lavori, lo scambio di informazioni sui rischi, la cooperazione e il coordinamento nell’attuazione delle conseguenti misure di prevenzione e protezione dai rischi incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’intervento con i relativi costi della sicurezza, redigendo nei casi previsti il DUVRI.

         

          • Committente datore di lavoro e Committente non datore di lavoro (lavori “edili”)
            Qualora l’intervento riguardi un lavoro edile o di ingegneria civile di cui all’allegato X del D.Lgs. 81/08 le disposizioni cui attenersi sono quelle previste dal Titolo IV del medesimo Decreto, concernenti i cantieri temporanei o mobili. In tale ipotesi la normativa prevede specifici obblighi sia in capo al committente datore di lavoro, ovvero il soggetto che abbia affidato i lavori edili nell’ambito della propria azienda, sia in capo al committente non datore di lavoro, ovvero il soggetto privato.

           

          • Committente non datore di lavoro (lavori non “edili”)
            Nell’ipotesi in cui i lavori commissionati non si configurino come “edili” e il soggetto committente non sia datore di lavoro, il D.Lgs. 81/08 non si applica. Tuttavia, il committente potrà essere chiamato a rispondere in caso di evento infortunistico o accidentale conseguente a carenze prevenzionistiche, specie nei casi in cui la mancata adozione o l’inadeguatezza delle misure precauzionali adottate dall’appaltatore nell’esecuzione del lavoro in quota sia macroscopica e facilmente individuabile, venendo coinvolto in indagini volte ad accertarne i profili di responsabilità secondo gli ordinari principi codicistici.

          6. Qual è il numero minimo di lavoratori necessario per le attività di montaggio, trasformazione e smontaggio di un ponteggio?

          L’art. 136 del D.Lgs. 81/08 prescrive che “Il datore di lavoro assicura che i ponteggi siano montati,
          smontati o trasformati sotto la diretta sorveglianza di un preposto, a regola d’arte e conformemente al
          Pi.M.U.S., ad opera di “lavoratori” che hanno ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni
          previste.”
          Tali attività presuppongono, pertanto, la presenza di una squadra composta generalmente da almeno tre
          lavoratori (1 preposto + 2 addetti).
          Il numero di lavoratori impiegati, tenuto conto della complessità delle
          attività da svolgere, non può in ogni caso essere inferiore a due, laddove il preposto svolga anche le funzioni di addetto.

          7. Un lavoratore autonomo può far parte della squadra addetta alle attività di montaggio, trasformazione e smontaggio di un ponteggio?

          Occorre innanzitutto partire da due premesse:

          1) la definizione normativa contenuta nell’art. 89 comma 1 lettera d) del D. Lgs. 81/2008 ai sensi della quale per lavoratore autonomo si intende la “persona fisica la cui attività professionale contribuisce alla realizzazione dell’opera senza vincolo di subordinazione”;

          2) il numero minimo di addetti indispensabili al montaggio trasformazione e/o smontaggio del ponteggio, che come già precedentemente richiamato, non può essere inferiore a due operatori, laddove uno di essi svolga anche le funzioni di preposto.

          Da quanto premesso, si evince nella fattispecie una inconciliabilità del rapporto di lavoratore autonomo che per natura stessa, come previsto dall’art. 2222 del codice civile, è chiamato a prestare la propria attività con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti di un committente. Come chiarito dalla Circolare 16/2012 del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, infatti, risulta difficilmente compatibile con una prestazione dotata delle caratteristiche dell’autonomia quanto a tempi e modalità di esecuzione dei lavori, la realizzazione di attività connotate d un necessario e stretto coordinamento tra lavoratori che assicuri un’attuazione unitaria ed organica delle attività. In conclusione, l’utilizzo del lavoratore autonomo, da parte dell’impresa esecutrice, all’interno di una squadra per la realizzazione di un ponteggio potrebbe: da un lato costituire un indice di subordinazione (ex art. 2094 c.c.) o etero-organizzazione (vd. art. 409 c.p.c. e art. 2 d.lgs. 81/2015) del lavoratore autonomo, con conseguente riclassificazione del rapporto di lavoro in essere (sia sotto il profilo retributivo, contributivo che di applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza) e dall’altro di negligente affidamento, da parte del committente, dei lavori che richiedono la realizzazione dell’opera provvisionale, per mancata verifica dell’idoneità tecnico professionale. Ovviamente tali conclusioni sono da riferirsi a situazioni in astratto, richiedendo nello specifico necessariamente una valutazione caso per caso.

          Nei lavori in quota in cui si preveda l’impiego di un ponteggio è necessaria la predisposizione di una serie di documenti ed elaborati che andranno conservati nel luogo in cui l’opera provvisionale viene realizzata per tutta la durata del suo utilizzo, dalla fase di installazione allo smontaggio finale. Di seguito l’elenco dettagliato della documentazione necessaria nella realizzazione di un ponteggio.

          Per quanto concerne il trabattello, definito dal D.Lgs. 81/08 come ponte su ruote a torre, ai fini del montaggio, della trasformazione, dello smontaggio, e del suo impiego è sufficiente far riferimento alle istruzioni obbligatorie fornite dal fabbricante e contenute nel manuale di istruzioni, eventualmente completate da informazioni (es. sugli appoggi) relative alla specifica realizzazione.

          Per quanto attiene alla formazione e all’addestramento, il datore di lavoro deve dare attuazione a quanto previsto dagli articoli 36 e 37 del D.Lgs. 81/08, provvedendo affinché, i lavoratori incaricati dell’uso dispongano di ogni necessaria informazione e istruzione e ricevano una formazione e un addestramento adeguati, anche con riguardo all’uso dei necessari DPI. In particolare, ai fini dell’addestramento alle attività di montaggio, trasformazione e smontaggio del trabattello terrà conto dei contenuti previsti nel secondo e quarto punto del modulo pratico del corso ponteggi, stabiliti nell’allegato XXI “Accordo Stato, Regioni e Province Autonome sui corsi di formazione per lavoratori addetti a lavori in quota” del D.Lgs. 81/08.

          Qualsiasi operatore, così come definito dall’art. 69, co. 1, lett. e) del D.Lgs. 81/08, che utilizza una PLE deve essere in possesso di specifica abilitazione alla conduzione ai sensi dell’Accordo Stato, Regioni e Province Autonome n. 53 del 22/02/2012.
          I lavoratori che si trovano a bordo della PLE e non la conducono possono non essere in possesso della specifica abilitazione ma devono aver in ogni caso ricevuto una formazione e un addestramento adeguati e specifici in merito alle condizioni di impiego e alle situazioni anormali prevedibili per le PLE (art.73, co. 1, d.lgs.81/2008) e ai DPI necessari, con particolare riferimento a quelli di III categoria anticaduta.

          Definizione comune di scala portatile: “attrezzatura di lavoro che può essere trasportata e installata a mano senza l’ausilio di mezzi meccanici, dotata di pioli o gradini sui quali una persona può salire, scendere e sostare per brevi periodi, e che permette di superare dislivelli e raggiungere posti di lavoro in quota”.
          La scelta di una scala portatile quale attrezzatura per l’esecuzione di un lavoro in quota dipende da una serie di fattori che devono essere oggetto di una debita valutazione. Innanzitutto è necessario scegliere le attrezzature di lavoro più idonee a garantire e mantenere condizioni di lavoro sicure, dando priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale.
          In particolare, il d.lgs. 81/2008, all’art. 111, comma 3 prevede espressamente che l’utilizzo di una scala portatile quale posto di lavoro in quota sia possibile solo nei casi in cui l’utilizzo di altre attrezzature (es. trabattelli, PLE) considerate più sicure, non sia giustificato a causa del limitato livello di rischio e della breve durata di impiego oppure dalle caratteristiche del sito che non possono essere modificate.
          Anche nel caso in cui la scala portatile sia utilizzata come sistema di accesso a un posto di lavoro in quota sarà necessario valutare che quest’ultima sia il sistema più idoneo, tenendo conto della frequenza di circolazione, del dislivello, della durata d’impiego, della possibilità di evacuazione in caso di pericolo imminente, del fatto che non comporti rischi ulteriori di caduta, dell’idoneità di appoggio e di presa al
          punto di accesso.

          No. Va sottolineato che, non esistendo una direttiva di prodotto applicabile alle scale portatili, queste non possono essere marcate CE, ma ai fini del loro impiego devono essere conformi alle vigenti disposizioni in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (art. 113 d.lgs. 81/08 e s.m.i.). Si considerano conformi le scale costruite secondo la norma tecnica UNI EN 131 parte 1 e 2, ovvero secondo le norme Acal 100 parte 1 e 2, come definito nell’allegato XX del D.Lgs. 81/08. Il costruttore italiano o di altro paese europeo si può comunque riferire ad altre specifiche tecniche adottate da Associazioni di riferimento, purché supportate da certificati di “Laboratorio ufficiali e riconosciuti”, e comunque rispettose del d.lgs. 81/08. Esistono, inoltre, delle ulteriori norme tecniche che definiscono le caratteristiche costruttive per specifiche tipologie di scale (es. UNI 10401:2004 – Scale d’appoggio portatili a sfilo ed innestabili per usi professionali specifici nell’industria).

          Le reti di sicurezza sono dispositivi di protezione collettiva destinati alla protezione di persone contro le cadute dall’alto.
          Non sono citate esplicitamente nel d.lgs. 81/2008 e s.m.i.; per esse si può fare riferimento a quanto indicato nell’art. 122: “Nei lavori in quota, devono essere adottate, seguendo lo sviluppo dei lavori stessi, adeguate impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone e di cose … omissis …”. Possono essere scelte per la protezione contro il rischio di caduta dall’alto perché:

              • la mobilità delle persone che lavorano al di sopra dell’area coperta è assicurata durante tutte le fasi di lavorazione; non risulta infatti necessario l’utilizzo di DPI anticaduta;

              • l’uso delle reti di sicurezza offre il vantaggio di ammortizzare la caduta dall’alto delle persone per effetto delle notevoli possibilità di deformazione plastica;

              • possono offrire una soluzione tecnicamente adeguata a fermare la caduta dall’alto dei lavoratori

            No. Una rete di sicurezza non può essere marcata CE, in quanto non esiste una direttiva di prodotto
            applicabile.

            In assenza della direttiva di prodotto il fabbricante deve far riferimento a quanto richiesto dal il d.lgs. 206/05 (Codice del consumo), parte IV, titolo I – Sicurezza dei prodotti.

              Le reti di sicurezza vengono classificate nella norma tecnica in 4 diversi sistemi in base alla tipologia di supporto e alla modalità di impiego. Le più diffuse sono le reti a sistema S (Reti di sicurezza con fune di bordo), particolarmente indicate per la protezione dal rischio di sfondamento di una copertura o di caduta all’interno di lucernari o forometrie. Le altre tipologie di reti sono:

                  • Sistema T, il cui utilizzo ideale è quello di “sistema secondario” di protezione in aggiunta a un “sistema principale” di altro tipo, costituito ad esempio da un parapetto provvisorio, che non permette al lavoratore di raggiungere la zona in cui c’è il rischio di caduta dall’alto;

                  • Sistema U, che ha come scopo quello di impedire la caduta del lavoratore fornendo una protezione verticale fino a circa un metro di altezza dal piano di calpestio;

                  • Sistema V, utilizzato principalmente durante la realizzazione di strutture in cemento armato o acciaio per proteggere dal rischio di caduta durante i lavori sui bordi, in maniera che tutto il perimetro della struttura sia in sicurezza.

                Le reti di sicurezza devono essere ancorate in maniera tale che le forze che si originano, a seguito della trattenuta del lavoratore, debbano poter essere assorbite e trasmesse dai punti di sospensione ai punti di ancoraggio sulle strutture in maniera sicura.

                  Il d.lgs. 81/08, al punto 3.1.4 dell’allegato VI, stabilisce che il sollevamento di persone è permesso soltanto con attrezzature di lavoro e accessori previsti a tal fine, prevedendo a titolo di eccezionalità il loro utilizzo per il sollevamento di persone a condizione che siano rispettate specifiche condizioni.
                  In particolare, la norma in parola prevede che: “a titolo eccezionale, possono essere utilizzate per il sollevamento di persone attrezzature non previste a tal fine a condizione che si siano prese adeguate misure in materia di sicurezza, conformemente a disposizioni di buona tecnica che prevedono il controllo appropriato dei mezzi impiegati e la registrazione di tale controllo. Qualora siano presenti lavoratori a
                  bordo dell’attrezzatura di lavoro adibita al sollevamento di carichi, il posto di comando deve essere occupato in permanenza. I lavoratori sollevati devono disporre di un mezzo di comunicazione sicuro. Deve essere assicurata la loro evacuazione in caso di pericolo.”

                   

                        • provvedere, al momento della cessione, di attestarne il buono stato di conservazione, manutenzione ed efficienza a fini di sicurezza;

                         

                          • acquisire e conservare agli atti, per tutta la durata del noleggio o della concessione dell’attrezzatura, una dichiarazione autocertificativa del soggetto che prende a noleggio o in concessione in uso, o del datore di lavoro, che attesti l’avvenuta formazione e addestramento
                            specifico, effettuati conformemente alle disposizioni del Titolo III del d.lgs. 81/2008 e s.m.i., dei soggetti individuati per l’utilizzo.

                        La definizione di attrezzatura di lavoro, prevista dall’art. 69 del d.lgs. 81/2008 e s.m.i. è la seguente:
                        qualsiasi macchina, apparecchio, utensile o impianto, inteso come il complesso di macchine, attrezzature e componenti necessari all’attuazione di un processo produttivo, destinato ad essere usato durante il lavoro”.
                        Ai ponteggi ed alle altre opere provvisionali, non rientrando questi nella definizione di attrezzature di lavoro, non potranno pertanto applicarsi le prescrizioni definite nel Titolo III e nel citato art. 72 del d.lgs. 81/2008 e s.m.i. Qualora un datore di lavoro richieda ai propri dipendenti il montaggio di un ponteggio che ha noleggio, dovrà provvedere:

                            • ad acquisire dal noleggiatore copia del libretto di autorizzazione ministeriale del ponteggio rilasciata dal fabbricante (art. 131, comma 6 del d.lgs. 81/2008 e s.m.i.);

                            • alla verifica degli elementi metallici con le modalità prevista dall’Allegato XIX del d.lgs. 81/2008 e s.m.i. (art. 112, comma 2 del d.lgs. 81/2008 e s.m.i.).

                          Qualora il ponteggio realizzato da un’impresa venga concesso in uso ad altre aziende, al fine di adempiere correttamente agli obblighi di cooperazione e coordinamento richiamati dall’art. 26 del D.lgs. 81/2008 e s.m.i., si ritiene utile che il datore di lavoro dell’impresa concedente trasmetta alle imprese utilizzatrici la descrizione delle regole da applicare durante l’uso del ponteggio contenute nel Pi.M.U.S. dell’impresa che ha provveduto al montaggio. Il datore di lavoro dovrà informare i propri lavoratori di dette regole.
                          Inoltre, al fine di poter dimostrare di aver effettuato una corretta valutazione dei rischi, è opportuno che il datore di lavoro dell’impresa alla quale viene concesso l’uso di un ponteggio o di un’altra opera provvisionale, richieda all’impresa concedente una dichiarazione che attesti che l’opera provvisionale consegnata risulta in buono stato di conservazione, manutenzione ed efficienza a fini di sicurezza.

                          Fonte: Regione Lombardia – ATS Bergamo – prevenzione cadute dall’alto

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